La leggenda del “livello madrelingua”
Il livello C2, Il Santo Graal di ogni studente di lingua.
Alcuni pensano il livello C2 permetta di parlare come un “madrelingua”. Ma è davvero possibile?
Abito ormai da sette anni a Berlino, durante i quali ho vissuto decine di volte la stessa identica scena: parlando di lingue straniere salta fuori il fatto che io abbia una certificazione C2 di tedesco e qualcuno commenta: “ma allora parli come un madrelingua!”
In realtà io dovetti prendere quella certificazione come un requisito per l’iscrizione all’università. Dovetti quindi sostenere l’esame dopo otto mesi che ero a Berlino, ovvero dopo circa un anno l’aver cominciato a studiare tedesco. Dopo solo un anno (senza frequentare alcun corso) ho passato l’esame di certificazione C2 (DSH 3). (Oggi la Humboldt chiede un livello C1 per l’ammissione, ma nel 2009 era diverso).
Parlavo quindi tedesco come un madrelingua? Ma neanche per sogno! Anzi mi ricordo ancora quanto fu difficile il primo anno di università: faticavo anche solo a capire i professori e i compagni quando parlavano a lezione. Leggere i testi mi costava tantissima fatica e spesso mi facevo aiutare da traduzioni in italiano o inglese.
Adesso, dopo sei anni di pratica quotidiana, parlo come un madrelingua? No, non proprio, e tra poco vedremo il perché. Chiariamo prima però cosa si intende con “livello C2”.
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Il livello C2
Il fantomatico “livello C2” non è un concetto linguistico, bensì istituzionale.
Con questa espressione ci si riferisce all’ultimo livello del CEFR (Common European Framework of Reference for Languages), ovvero un sistema di valutazione utilizzato in tutta Europa da varie scuole e istituti di certificazione linguistica.
Il Framework si compone di sei livelli principali: A1, A2, B1, B2, C1 e C2, a volte suddivisi ulteriormente, ad esempio: A1.1, A1.2, A2.1 e A2.2, etc. Il livello C2 è l’ultimo della serie e viene definito: “Livello di padronanza della lingua in situazioni complesse”, descritto come segue:
“Comprende con facilità praticamente tutto ciò che sente e legge. Sa riassumere informazioni provenienti da diverse fonti sia parlate che scritte, ristrutturando gli argomenti in una presentazione coerente. Sa esprimersi spontaneamente, in modo molto scorrevole e preciso, individuando le più sottili sfumature di significato in situazioni complesse.”
A mio parere la descrizione può risultare fuorviante e fare immaginare delle competenze troppo avanzate rispetto alla realtà. Ancora oggi io stesso non direi di comprendere con facilità “praticamente tutto ciò che sento o leggo”, per non parlare dell’individuare tutte “le più sottili sfumature di significato”. Ovviamente questo dipende in gran parte dai tipi di testi che leggiamo e da cosa intendiamo con “situazioni complesse”.
Ma prima di chiederci come e perché un non-nativo possa o meno raggiungere le competenze linguistiche di un madrelingua, riflettiamo se questa interpretazione esagerata di competenze linguistiche sia veramente applicabile al madrelingua stesso.
Il Madrelingua
Il madrelingua è sempre perfetto e fluente?
La risposta è: assolutamente no! Se pensiamo alla nostra lingua madre, ci rendiamo subito conto che persone diverse parlano italiano in modo diverso con competenze distinte nei vari campi e registri. Margherita Hack avrebbe problemi a leggere un testo di semiotica e Umberto Eco incontrerebbe difficoltà con un testo di astrofisica. Ma molto più comunemente: i genitori non capiscono il gergo dei figli e le persone comuni si ingarbugliano nella lingua burocratica o giuridica.
Quando cerchiamo di esprimere pensieri complessi riguardo temi che non mastichiamo quotidianamente, ci mettiamo anche noi alla ricerca delle “parole giuste” e spesso non le troviamo. Quanti italiani poi usano “gli” al posto di “le”, scrivono senza congiuntivi o sbagliano gli apostrofi! Per non dire poi, che quasi nessuno parla in dizione.
Portando come esempio la mia esperienza: avendo studiato in Germania ormai parlo di sociologia più fluidamente in tedesco che in italiano, perché in italiano mi mancano i termini e l’abitudine. Viceversa in tedesco non conosco il gergo giovanile e quindi non capisco le canzoni hip-hop, e neppure conosco parole come “vite, bullone, chiave inglese, pappagallo,…” e quindi capirsi con l’idraulico è una sfida ogni volta.
Quindi riassumendo: nessuno parla “completamente” o “perfettamente” una lingua, e la “fluenza” è una questione di registri e ambiti di competenza.
In cosa consiste essere madrelingua?
Essere madrelingua vuol dire aver acquisito profondamente una lingua nei primi 8-10 anni di vita.
In questo periodo dello sviluppo, la nostra mente possiede un livello di plasticità che poi si perde crescendo. Le lingue imparate in questa fase penetrano in profondità e strutturano il nostro pensiero, creando delle competenze “istintive”.
I tedeschi si riferiscono a questo “sentire istintivo” con il termine Sprachgefühl, ovvero il “sentimento della lingua”.
Come adulto si può ancora guadagnare e sviluppare dello Sprachgefühl, ma solo entro certi limiti (che variano da persona a persona).
Il madrelingua ha un rapporto profondamente emotivo con la lingua, “la sente dentro”, mentre per chi la impara da adulto permane sempre un certo senso di “estraneità”.
Ma quindi posso diventare madrelingua?
Purtroppo passata la pubertà è praticamente impossibile raggiungere un livello di instintività nella lingua comparabile a quello di un nativo.
Ho conosciuto molte persone che parlano lingue straniere incredibilmente bene e che nei loro ambiti di competenza parlano addirittura meglio dei madrelingua.
Io stesso leggo un testo di sociologia in tedesco più rapidamente di un tedesco che non l’abbia studiata.
Ma nessuno di noi si sente totalmente “a casa” nella lingua straniera.
La differenza si nota soprattutto quando si tratta di descrivere emozioni o fare battute.
Personalmente non la vivo come una cosa negativa, anzi mi piacciono le lingue straniere proprio perché sono diverse e quindi stimolanti.
Ma allora cosa ci resta da fare?
Quanto detto potrebbe sembrare demoralizzante, come se ci avessero tolto il traguardo alla fine della corsa, dicendoci che tanto non lo raggiungeremo mai.
A pensarci meglio però:
1) Si può sempre migliorare.
Non poter diventare madrelingua non vuol dire non poter arrivare a padroneggiare la lingua. Un essere umano non nuoterà mai come un pesce, ma questo non vuol dire che non possa imparare a nuotare molto ma molto bene.
Anche lo Sprachgefühl si può allenare e sviluppare. Farlo però richiede tempo, perché si tratta del processo di acquisition, il quale al contrario del learning è subconscio e segue un ritmo fisiologico. (Per approfondire questo aspetto, leggi il mio post su Learning vs. Acquisition)
2) Esistono livelli di competenza “sufficiente”.
Nell’apprendere una lingua arriveremo a dei punti dove le nostre competenze sono sufficienti per l’uso che ne facciamo. Questo è lo stato più simile ad un madrelingua, ovvero quando usare la lingua in quell’ambito non comporta più quasi nessuno sforzo.
Ad esempio il mio inglese mi permette di leggere articoli su internet senza sforzo, ma leggere Joyce è ancora una fatica.
Il Framework di cui abbiamo parlato prima, con i suoi sei livelli, va visto in questo senso come i primi gradini di una scala potenzialmente infinita. Questo quadro di riferimento all’inizio ci può aiutare ad orientarci, ma a un certo punto verrà il momento di abbandonarlo e proseguire nello sviluppo del nostro tedesco.
3) Non c’è più l’ansia dell’arrivo.
Capire che non esiste il punto di arrivo ci può liberare dal fardello del confronto con la meta immaginata.
Se accettiamo il fatto che non smetteremo mai di imparare e migliorare, allora ci libereremo della frustrazione di “non essere ancora perfetti”.
Riguardo il mito dell’arrivo, vorrei condividere una storiella Zen che mi ha fatto ripensare il mio approccio alle lingue ma anche a un sacco di altri ambiti della mia vita.
Un novizio chiede al maestro: “Maestro, se medito ogni giorno, quanto mi ci vorrà per raggiungere l’illuminazione?”
E il maestro: “Mah, forse dieci anni.”
Il novizio di nuovo: “E se medititassi due volte al giorno?” E il maestro: “Mmm, forse quindici anni.”
Il novizio allora: “E se invece meditassi tre volte al giorno e digiunassi un giorno a settimana?” E il maestro: “Credo circa vent’anni”.
“Ma come? Maestro, come è possibile che se mi sforzassi di più ci vorrebbe più tempo? Non ha alcun senso!”
E il maestro: “Chi tiene un occhio fisso sul traguardo, ha solo un occhio libero per guardare la strada.”
Il mio consiglio: godetevi questa esperienza bellissima che è lo scoprire e l’imparare, allenatevi con passione e divertitevi mentre lo fate. Guardate dove mettete i piedi e dimenticate il traguardo. Tutto il resto verrà al tempo dovuto.
P.S.: Nel caso di un esame in vista il discorso cambia, perché il quel caso non si tratta tanto di imparare la lingua, quanto di passare l’esame.
Se hai trovato questo articolo interessante, per favore condividilo con altri studenti! Se poi mi vuoi proprio fare felice, lascia un commento circa la tua esperienza! 🙂
Buono studio e a presto!
Scusa lo scetticismo, ma a meno che tu non sia un genio, mi pare un po’ incredibile che tu abbia preso l’esame C2 dopo otto mesi a berlino e nessun corso… se e vero, insegnami quale e stato il tuo trucco… del resto a quanto ne so nessuna universita tedesca richiede il livello C2 per iscriversi al bachelor (B2 per le materie scientiche e C1 per quelle umanistiche). Forse l’esame che hai fatto era un po’ “annaquato” rispetto a un vero C2, per questo all’Universita facevi fatica. Questo detto, concordo che la competenza linguistica e un tema complesso, io per esempio scrivo e pubblico regolarmente articoli accademici in inglese ma quando guardo una serie televisiva americana spesso ci sono cose che mi sfuggono.
Ciao Giulia,
figurati, bisogna sempre essere scettici!
Quando mi iscrissi alla Humboldt Universität, nel 2009, per la facoltà di Sozialwissenschaften era richiesto un C1 per presentare l’iscrizione (l’esame lo feci al Goethe Institut, senza però frequentare corsi) e un C2 per essere ammessi (a settembre). L’esame di C2 era un normalissimo DSH, non era un esame semplificato. Il DSH 3 infatti corrisponde a un C2 (link a wikipedia).
Se vuoi ti posso spedire le foto dei certificati con le date ^_^
Oggi il regolamento è cambiato e che da qualche anno è sufficiente un C1, su questo hai ragione. All’università facevo fatica perché un C2 non è sufficiente a interagire in un seminario di soli tedeschi che discutono a massima rapidità di filosofia politica 😉 Invece con i testi da leggere andava meglio, sebbene ancora mi ricordo il trauma di leggere Marx in originale al primo semestre. Dovetti leggerlo anche in italiano per capirci qualcosa.
Circa l’insegnarti “il mio trucco”, lo farò volentieri. Il trucco è creare un metodo di studio adatto alla propria persona e adattarlo nel corso dell’apprendimento. Per fare ciò ovviamente si necessitano varie competenze, che io già avevo sviluppato durante i miei studi e imparando autonomamente lo spagnolo e il francese.
Per questo oggi lavoro come Tutor Linguistico e aiuto altri italiani a trovare il metodo di tedesco perfetto per loro.
Nelle prossime settimane posterò vari articoli su questi temi, se ti interessa puoi inscriverti al blog e rimanere aggiornata a riguardo.
Se invece ti interessa una consulenza privata, trovi la mia email e il mio numero di telefono sotto contatti.
Ti ringrazio del commmento, a presto!
Mi piacerebbe parlare il tedesco fluentemente e soprattutto capirlo… nonostante mi metta di impegno non è semplice. . Mi piacerebbe imparare qualche trucco
Ciao Virginia!
Nelle prossime settimane posterò vari articoli su questi temi, se ti interessa puoi inscriverti al blog e rimanere aggiornata a riguardo, oppure alla mia pagina facebook.
Se invece ti interessa una consulenza privata, trovi la mia email e il mio numero di telefono sotto contatti.
Ti ringrazio del commmento, a presto!
Un bambino NON “impara” la sua propria lingua. Un bambino acquisisce sua lingua madre usando una parte del cervello completamente diverso della parte che usiamo per “imparare” una lingua. Quante volte ho dovuto spiegare questa differenza fondamentale quando le persone mi chiedono come mai mia figlia (12 anni e perfettamente bilingue) “ha potuto imparare l’inglese cosi’ bene”
Lei ha ragione quando dice che senza avere il famoso “affective dimension” nello studio di una lingua, uno farebbe fatica arrivare ad un certo livello, questo si, e quindi gli insegnanti di lingua devono, prima di tutto, insegnare i loro alunni ad amare la lingua attraverso la cultura e nel godere le proprie capacita’ communicative.
Ciao Carmen, grazie del commento! Hai proprio ragione, infatti ho appena corretto quella frase 😀 Avevo scritto “imparare”, ma intedevo “aquisire”.
Mi interesserebbe sapere cosa ne pensi del post su Learning vs. Aquisition, dato che conosci bene il tema 🙂
lo trovi qui: http://tutorlinguistico.de/2016/02/17/imparare-la-lingua-learning-vs-aquisition/
Un saluto, alla prossima!
Acquisire con “CQ” però, dai… Anche in inglese magari 😉
Grazie Maria Luisa! 😀
Ho trovato il refuso in inglese ma non in italiano. L’ho corretto e poi mi son detto: avrei fatto meglio a lasciarlo, perché è una prova di come anche un madrelingua sbagli 😉
Prima o poi scriverò un post sugli errori di italiano che ho cominciato a fare a causa delle altre lingue. Ad esempio, nel post su Learning vs. Acquisition, oltre a non aver messo la “c”, avevo scritto in italiano: “acquisitione”. Sono addirittura arrivato a scrivere “vorse” invece di “forse”, e devo spesso riflettere prima di mettere apostrofi e accenti. Ammetto anche che mi capita spesso di cercare parole in italiano su google, per controllarne l’ortografia 🙂
Grazie mille della correzione e anche dell’occasione per questa riflessione!
Ti capisco, anche a me vivendo all’estero capita di fare calchi in italiano. Per quanto riguarda il refuso, guarda la risposta che hai dato a Carmen, seconda riga, ultima parola, e terza riga, penultima parola. Inoltre volendo essere pignoli hai mantenuto l’errore anche nel link un paio di righe sotto. Cheers 😉
L’interferenza linguistica è normale per i plurilingui, non devi giustificarti, sei bravissimo!
Grazie mille dell’articolo. Lo trovo davvero interessante. Mi ha aiutato a risolvere molti dei miei dubbi. Sono russo e abito in Italia da diversi anni, riesco a communicare bene con i miei compagno d’università, ma quando arriva l’idraulico o quando devo andare in qualche ufficio è sempre un casino. Pensavo ci fosse qualcosa in me che non andava (in quei casi la prima cosa che facevo era mettere in dubbio le mie competenze linguistice). Il fatto che ci siano altre persone con i miei stessi problemi mi tira su il morale . Grazie infinite!! 🙂
Grazie del commento Leo! Mi motiva molto a continuare a scrivere ^_^
Nel mio caso, per il tedesco, la differenza è abissale. Quando sono in classe e si discute di sociologia parlo come un treno, tanto che a volte devo ricordarmi di rallentare. E capisco anche tutti gli interventi dei compagni. Anche leggere testi accademici è diventato semplice. Mentre l’idraulico… un dramma! Stesso discorso per i romanzi, dove spesso vengono descritti oggetti o stati emotivi per cui io non conosco le parole.
Anch’io ho sofferto un po’ di questa cosa all’inizio, ma poi ho smesso di pensare di dover imparare “il tedesco” e ho comiciato a pensare di star costruendo “il mio tedesco”.
Il tuo italiano mi pare davvero ottimo. Complimenti! Siine fiero! 😉
Un saluto, alla prossima!
Credo che il livello madrelingua sia un po’ un “santo graal” anche nei bambini bi- o trilingue. Il bilinguismo si può acquisire secondo me a livello dei nati madrelingua, se mai senti parlare dei bilingue dalla nascita spesso il loro accento o il loro vocabolario è un po’ “off”… specie se la seconda lingua l’hanno acquisita tramite genitori ma non hanno mai vissuto nel posto specifico. Quindi mi permetto di aggiungere: il livello madrelingua è un santo graal anche se l’acquisizione della lingua si verifica nella prima infanzia.
Molto interessante 🙂
Non ho approfondito il tema dei bambini bilingue e io sono cresciuto “monolingua”, quindi non ho esperienza diretta. Grazie di aver condiviso questa riflessione, me la sono segnata 😉
Ciao,
Ho studiato tedesco all’università e ancora da studentessa 25 anni fa mi sono trasferita in Germania. Uso il tedesco il 80-90% della mia vita, oltre all’italiano e all’inglese sul lavoro. Di sicuro ho lo Sprachgefühl di cui parli, riesco a comprendere tutto ed ad esprimermi con proprietà, tengo presentazioni e scrivo tanto sul lavoro quanto privatamente. Ma nonostante tutto faccio ancora qualche errore che un madrelingua di media cultura non farebbe mai, tipo errori di genere. Quando sono stanca o sono agitata la qualità del mio tedesco ne risente. Tutte cose che a un madrelingua non succedono. La mia esperienza dunque conferma quello che dici, il livello madrelingua è un’utopia, se la lingua non si è appresa da bambini rimane un gap impossibile da colmare. Se mi mettessi a studiare regolarmente forse riuscirei a migliorare questa o quell’espressione, ma essenzialmente non cambierebbe molto. Penso che a un certo livello bisogna mettersi il cuore in pace, si è raggiunto il livello più alto e di più non si può.
Ciao Katia.
Grazie mille della tua testimonianza!
Domanda: posso citare il tuo commento in futuro? (Ovviamente in forma anonima) Mi piace molto come hai raccontato la tua esperienza e la considero tua testimonianza molto preziosa perché mi pare tu abbia fatto proprio il “massimo” che un adulto può fare in campo linguistico. Cioè studiare a livello univesitario e poi vivere in germania per 25 anni 🙂
Ciao, io invece sono tedesca e vivo in Italia dall’età di 11 anni. A causa del fatto che appena arrivata non parlavo una parola d’italiano sono stata inserita in una quarta elementare. Ho quindi frequentato quarta e quinta elementare e le medie. Poi ci siamo ritrasferiti in Germania e successivamente, solo cinque anni più tardi, sono ritornata in Italia. Ora di anni ne ho 54, quindi sono veramente tanti anni che parlo italiano e che vivo in Italia (complessivamente ho vissuto in Germania solo 16 anni). Posso confermare quello che ha scritto Katia e cioè, nonostante io abbia un’ottima padronanza della lingua italiana, ho certamente lo Sprachgefühl, di cui parlavi nel tuo articolo, a volte ho delle piccole incertezze. Capita di ingarbugliarsi anche nella propria lingua madre, ma forse in italiano mi capita un pochino più facilmente.
Effettivamente ti devo dare ragione, io sono nato in Russia, ma mi sono trasferito in Italia all’età di 7 anni, e oggi io sento più mia la lingua italiana che quella russa, poiché sono cresciuto qui e maggior parte delle esperienze le ho fatte qui, a volte quasi mi vergogno essendo Russo di due genitori russi a non capire per esempio le barzellette o battute del mio paese natio. Peró ho studiato altre lingue in totale ne conosco 5 (non dico parlo perchè non in tutte sono fluente), e mi ha fatto capire che purtroppo molto spesso il concetto di imparare una lingua diventa troppo meccanico, ho imparato lo spagnolo molto di più parlando con la mia morosa (peruviana di nascita e crescita), che non studiando a scuola termini su termini…metodo che per quanto riguarda me ha rovinato il piacere di parlare l’inglese e il tedesco, solo ora che lavoro come receptionist sto riacquistando quel senso di piacere nel comunicare, sono davvero poche le persone che si scocciano se sbagli, al contrario molti ti correggono con un sorriso e ti fanno anche un complimento per lo sforzo fatto!
Vlad, sono d’accordo e sono contento che il tuo nuovo lavoro ti stia riconciliando con inglese e tedesco. Molti di noi sono stati “traumatizzati” dalla scuola o dai corsi. E dico “traumatizzati” anche per sottolineare quanto a volte all’inizio non ce ne si renda conto di aver subito un danno a livello emotivo. Si sviluppa un sentimento di rifiuto verso la lingua, alcune sue parti o alcune situazioni comunicative.
Il motivo fondamentale per cui succede è che gli insegnanti non vengono formati per quanto riguarda la teoria dell’apprendimento lingustico. Proprio un peccato.
Per fortuna però la vita ci offre occasioni di riparare a questi danni, come nel tuo caso 🙂
Grazie di aver condiviso la tua esperienza!
L’articolo mi è piaciuto e sottolineo la mia esperienza, studio nel sud della Spagna e vorrei sfatare alcuni miti, linguistici e non:
1) Spagna = feste e cazzeggio, vero solo in parte, è un aspetto culturale della vita degli spagnoli irrinunciabile, ma questo non vuol dire che non si studi, infatti ho conosciuto professori molto stimolanti e preparati che stanno contribuendo profondamente alla mia formazione.
2) E’ semplicissimo parlare lo spagnolo perché è molto simile all’italiano: anche qui vero solo in parte, è molto semplice arrivare ad un livello medio, ce la si può cavare i primi tempi senza necessariamente frequentare corsi su corsi, ma per fare il salto a livello avanzato richiede comunque studio e impegno.
3) E questo è forse il punto più importante: le persone molto spesso pensano alle lingue come ad una materia di studio, non è così, perché è l’espressione della vita quotidiana di tutti gli esseri umani, e soprattutto è dinamica, io qui sto imparando espressioni tipiche e caratteristiche da “mondo reale” che già non valgono più se mi sposto di 40 km. A Murcia e in Andalucia non si pronunciano le S, quindi all’inizio si fa fatica a capire se chi parla lo fa al singolare o al plurale, i vecchi sono quasi indecifrabili e ci sono tante, tantissime cose che cambiano. Per cui ci ha imparato il tedesco a Berlino non conoscerà il tedesco di Monaco o della profonda foresta nera o di Amburgo, o dell’Austria. Per questo non bisogna vivere con l’ansia del traguardo: perché ci si deve rendere conto che ogni lingua è dinamica e cambiano accenti ed espressioni ogni 30-40 km. Proprio qualche giorno fa ho scoperto che una determinata parola in italiano (sono di Napoli), per un’amica di Firenze si diceva in modo totalmente differente. In soldoni imparare una lingua perfettamente e totalmente è impossibile, punto e basta, per cui mettiamoci l’anima in pace sapendo che ci saranno innumerevoli posti nella nostra stessa nazione dove non saremo capiti e non capiremo.
Muy bien dicho, Achille!
Margherita Hack NON Margerita Hack, grazie.
R.I.P.
Grazie Audrey, correggo subito 🙂
Ciao Alessio, ho trovato il link al tuo articolo per caso su Facebook e l’ho letto.
Volevo riprendere il discorso del livello in cui si parla una lingua (la parte del tuo articolo in cui spieghi che non necessariamente un madrelingua parla bene). Sono d’accordo con te ed ho scritto cose assai simili in questo articolo
http://www.educazioneglobale.com/2015/04/bilinguismo-tre-cose-che-non-sapevi-e-lultima-e-sorprendente/
La lingua – anche la madrelingua – dipende dal livello culturale di chi la parla.
a presto e buona fortuna per il tuo lavoro
Elisabetta
(educazioneglobale dot com)
Ciao Elisabetta, grazie mille del link! Mi piace molto come hai affrontato il tema sul tuo blog.
Se hai ulteriori riflessioni, anche sugli altri post, sono impaziente di leggerle ^_^
Per tutte le amiche e gli amici in ascolto: soprattutto se state crescendo o per crescere bambini bilingue, date un’occhiata al blog Educazione Globale, perché è molto ricco e scritto davvero bene!
Ciao, mi chiamo Julia. Secondo me è possibile imparare una lingua in soli otto mesi, soprattutto se ci stai a contatto diretto. Sono di origini polacche, nata e cresciuta in Polonia fino all’età di 12 anni quando mi sono trasferita in Italia. Non sapevo dire nulla se non un semplice “ciao, buongiorno, arrivederci “, ho frequentato le scuole medie e all’inizio non era per niente facile. Non capivo nulla di quello che dicevamo i prof, ma con il tempo la voglia e il bisogno di potermi esprimere è cresciuto, finché non ho iniziato a prendere gli appunti che a quei tempi per me erano perfetti, ma riletti dopo qualche anno facevano ridere. Il punto è però che se non ti butti non impari, è vero che quando inizi a pronunciare male una parola, poi rischi di non saperla pronunciare bene, ma se non inizi, non impari, quindi iniziai a parlare un italiano scorrettissimo, ma ho iniziato e grazie alla mia testardaggine oggi parlo un italiano che parla un italiano medio della mia età, nonostante sia madrelingua polacca. In più al liceo ho fatto un anno fuori, in Serbia di preciso, e dopo non appena 8 mesi ho preso il certificato C1 di serbo. Prima di partire non avevo nessuna idea di questa lingua, ma adesso la parlo benissimo, non ho problemi a comunicare e in più nei primi mesi ho imparato l’inglese, che prima di partire non parlavo per niente. Adesso sono al secondo anno in mediazione linguistica e interculturale e studio due lingue “orientali” , alcuni dicono che sono pazza e che è molto difficile, quasi impossibile. Certo non nego che non è semplice, ma volere è potere. Il cervello umano è una cosa meravigliosa!
Ciao Julia
Wow, quindi tra poco parlerai cinque lingue diverse!
Anch’io ne parlo cinque, ma tre sono molto simili tra loro (francese, spagnolo e italiano), e se potessi tornare indietro sceglierei lingue più diverse dalla mia lingua madre, perché a mio parere più una lingua è diversa più ti “apre la testa”, cioè ti fa sviluppare nuovi modi di pensare e vedere il mondo.
Eh già, il cervello umano è davvero incredibile, e le lingue straniere sono uno dei modi più affascinanti per scoprirne le potenzialità.
Se hai voglia, continua a seguirmi e fammi sapere cosa ne pensi delle mie riflessioni sull’allenamento linguistico. Sono convinto che con tutta la pratica che stai facendo, avrai un sacco di buone idee da condividere ^_^
Un saluto, buona fortuna con gli studi!
Molto interessante l’articolo e non di meno i commenti!
Leggevo tra l’altro che, prima di studiare il tedesco, avevi già studiato altre lingue per conto tuo e credo che questo non sia un caso.
A me le lingue sono sempre piaciute, anche se la maggior parte le ho studiate molto superficialmente, non avendo una vera spinta a farlo; nonostante questo non provavo grosse difficoltà a parlare in modo più o meno fluente (e parlo solo di fluidità, non di proprietà di linguaggio) anche in lingue che studiavo da poco.
Personalmente ritengo che il mio cervello, una volta “imparato” il meccanismo, più che altro con l’inglese, abbia semplicemente trasferito gli stessi meccanismi anche alle lingue successive. E non parlo solo di lingue più o meno simili: considera che attualmente faccio il traduttore dal giapponese.
In fondo, tutte le lingue hanno strutture più o meno comparabili, il problema è solo capire come esse interagiscono tra loro. Un mio piccolo sogno era quello di trovare una lingua in cui non esistessero concetti come nomi, aggettivi, verbi, soggetti, predicati… probabilmente una lingua così, non può essere creata, almeno non da noi esseri umani. Alla fin fine, il cervello umano, a qualsiasi latitudine o longitudine si trovi, ha un suo modo determinato di organizzare il proprio pensiero; un linguaggio che vada al di fuori di questi schemi, probabilmente sarebbe inconcepibile o comunque artificioso, creato solo per il capriccio di farlo, ma impossibile da utilizzare, come se si cercasse di far girare un programma su un computer incompatibile con quello per cui esso è stato creato.
Grazie Fabiano del tuo commento,
sono d’accordo al 100% con te: aver già imparato altre lingue aiuta tantissimo a impararne di ulteriori.
Io ho sempre individuato la ragione principale nell’abitudine a smettere di pensare nella lingua madre e compiere lo “switch”. È come un movimento che una volta allenato può essere usato indipendentemente dalla lingua.
Poi ci sono altre ragioni anch’esse importanti, su cui scriverò un post prima possibile. Grazie dello spunto! 😉
Sì, perfettamente d’accordo. La nostra lingua la percepiamo come un appiglio sicuro, ma imparare una lingua è come imparare a nuotare: finché non ti stacchi dal bordo, non imparerai mai.
Non è la descrizione del livello del QCER a essere fuorviante, è chi ti ha consegnato il certificato corrispondente ad aver disatteso i descrittori.
Se la tua competenza non rispecchia le abilità descritte, semplicemente non dovresti ottenere la certificazione per il livello corrispondente.
Più semplicemente è il testing a essere fuorviante, non il costrutto teorico che hai citato.
Ciao Paolo, grazie del commento!
Secondo me la definizione del QCER può invece essere fuorviante, e te lo dico da persona ormai ben oltre il “livello C2”, perché nel frattempo ho studiato e lavorato a Berlino per sei anni.
Rileggi la descrizione:
“Comprende con facilità praticamente tutto ciò che sente e legge. Sa riassumere informazioni provenienti da diverse fonti sia parlate che scritte, ristrutturando gli argomenti in una presentazione coerente. Sa esprimersi spontaneamente, in modo molto scorrevole e preciso, individuando le più sottili sfumature di significato in situazioni complesse.”
Ora, ovviamente quanto questa frase sia vera dipende dal tipo di cose che uno “sente e legge” e cosa si intenda con “situazioni complesse”.
Visto che io poi mi sono trovato a studiare epistemologia e statistica subito dopo… beh, questa frase per me non è valsa.
Detto questo però, mi ricordo ancora una lezione dove si trattava un testo di Karl Marx e il professore dovette cominciare a fare l’analisi logica di ogni frase alla lavagna… perché gli studenti tedeschi non riuscivano a seguire il significato del testo.
Questo succedeva anche in Italia, quante volte ho sentito i miei compagni lamentarsi di qualche autore perché le sue frasi erano troppo complesse e loro si perdevano.
Inoltre, come ho già detto, dipende dal campo. Io non saprei parlare in tedesco né di calcio né di moda 🙂
La sostanza in realtà non cambia. Il QCER descrive delle competenze linguistico-comunicative.
Il fatto che tu non riuscissi a seguire la lezione è, anzi, indice che il tuo livello non era appunto C2. Ma il problema non era né tuo né del QCER, ma di chi ti ha fatto credere di avere quel livello.
Il Quadro è un documento molto complesso, le competenze descritte al suo interno non possono essere ricondotte banalmente al descrittore generale, che è solo una sintesi delle varie tipologie di competenze (culturali, sociali, cognitive, linguistiche e comunicative) del parlante di una lingua seconda. Tali competenze sono ampiamente descritte nel documento e ne sono parte integrante.
Il punto quindi è che non si può considerare fuorviante una descrizione di cui si è appena sfiorata la punta dell’iceberg.
Il problema dei tuoi colleghi tedeschi (come degli italiani) non è avere un C2 o meno quando sentono o leggono un testo di Marx: non è la lingua che non capiscono, è l’elaborazione., la logica, l’argomentazione, e sì, a volte anche il lessico. Tutte parti della lingua, ma non solo della lingua.
Comunque sia, il fatto che un madrelingua non capisca un discorso complesso non elimina invece il caso per cui un parlante L2 di una qualsivoglia lingua possa in realtà avere più strumenti per comprendere tale discorso.
L’associazione C2-madrelingua infatti non sussiste, e questo punto l’hai centrato, ma non è il QCER a produrre questa associazione, visto che esso è uno strumento di politica linguistica per i parlanti essenzialmente non-nativi.
Il fatto che né tu né loro foste in grado di capire quella lezione è sintomo semplicemente che non avevate le competenze giuste, ma non solo quelle linguistiche, soprattutto quelle culturali o scientifiche.
Per sintetizzare, il fatto che i parlanti a cui gli istituti assegnano con troppa facilità certi livelli nelle certificazioni non rispondano poi nei fatti alla descrizione del QCER non è un problema teorico del QCER: è un problema di chi lo applica; quindi di chi ti ha testato e valutato.
Con questo discorso non metto in dubbio le tue capacità linguistiche, metto in dubbio le capacità di chi testa le persone.
Capisco il tuo punto di vista e sono in realtà in grandissima parte d’accordo. Sarebbe interessante sviscerare il rapporto tra le capacità “meramente linguistiche” e quelle logiche o lessicali, perché secondo me non è semplice distinguere nettamente queste aree. Così facendo però ci perderemmo in discussioni teoriche che hanno solo indirettamente a che fare con la tua osservazione circa il testo. Magari quindi lo faremo in un altro momento, sotto un post più adeguato 😉
Ho riletto il paragrafo di cui parli e cambierò con piacere l’espressione “la descrizione è esagerata e fuorviante” con qualcosa tipo “la descrizione può risultare fuorviante”, specificando che è l’interpretazione a giocare un ruolo determinante. Aspetto ancora qualche ora, perché se hai una proposta su come poter cambiare quel passaggio, la leggerei volentieri.
Grazie mille dei tuoi preziosi commenti!
L’articolo è molto interessante, sto imparando anch’io il tedesco e insegnando italiano e spagnolo.
Dopo averlo letto mi sorge una domanda: come si fa ad attestare/certificare il bilinguismo quando non si ha la doppia cittadinanza nè genitori con doppia cittadinanza pur avendo acquisito la seconda lingua durante i primi 10 anni di vita? Esiste un esame apposito o qualcosa del genere?
Ma figurati! Non è necessario che modifichi il tuo testo, quella è la tua interpretazione e il tuo punto di vista.
Non voglio suggerire nulla per principio!
Chi è davvero interessato potrà sempre leggere i commenti e trovare questo dialogo 🙂
Ho citato il cambiamento di testo in modo che resti traccia del tuo contributo, ma sono sempre aperto a rivedere le mie idee e soprattutto il modo in cui le formulo.
Il mio scopo, su questo blog e nel mio lavoro, è di aiutare gli studenti. Le mie opinioni devono sempre cambiare e migliorare, ma è ancora più importante che le persone che leggono ricevano informazioni adeguate.
Trovo il tuo commento corretto, quindi sono felice di modificare il testo e non credo questo cambi il senso dell’articolo, come hai detto anche tu poco sopra.
Grazie ancora e spero ti iscriverai alla newsletter, perché sono sicuro che i tuoi commenti mi aiuteranno a migliorare la qualità degli articoli e del mio insegnamento.
Riscrivendo quel passaggio mi sono reso conto che per come avevo formulato prima il concetto, sembrava io stessi mettendo in discussione il valore della definizione del QCER, mentre quello che mi interessava era sfatare due miti: 1) che il C2 corrisponda a parlare come un madrelingua; 2) che sia possibile per un adulto sviluppare competenze identiche a un madrelingua. Mentre invece io credo che le competenze nelle L2 possano essere in certi ambiti superiori, ma sempre diverse da quelle di un madrelingua.
La versione attuale del testo mi sembra più chiara e più corretta.
Grazie Paolo.
ciao, sono helmut, tedesco di nascita e vivo in italia da una trentina di anni (quasi metà della vita). ho quindi fatto un po’ di esperienza nell’acquisire quest’altra lingua che è l’italiano che ormai considero come una specie di altra metà del cervello. credo che il motore che spinge maggiormente ad ingranare l’idioma inizialmente un po’ artificiale e costruito (l’uso di parole come “indarno” apprese da magari letture di Dante (con conseguente ilarità da parte di ascoltatori “indigeni”)) sia legato a situazioni di emotività dove l’interlocutore ti risponde non nel tuo tedesco, come mi è successo in maniera molto intensa, e poi alla fine ti capita di sognare in italiano. quindi, per concludere, penso che l’acquisizione di un’altra lingua come “quasi madrelingua” abbia connotazioni non valutabili a livello di mere conoscenze, ma piuttosto a livello di un “vissuto”.
Ciao Alessio,
grazie dell’interessante articolo. Sono studentessa austriaca di traduzione in tedesco-italiano-spagnolo (una combinazione un po’ tricky ma non impossibile da gestire). L’italiano lo studio ormai da 8 anni ma non ho mai vissuto un periodo più lungo di tre mesi in Italia. Per fortuna sono sempre circondata dalla lingua italiana, grazie ai miei compagni di studi e amici italiani che vivono qui in Austria. La gente ‘normale’, ‘profana’ spesso mi chiede: ma se tu avrai finito gli studi saprai le lingue alle perfezione?! Oppure: ma se studi traduzione vuol dire che sai tutte le parole?! No, anzi, studiare traduzione vuol dire elaborare le espressioni necessarie per il progetto che è da fare. Prima di poter affrontare un testo tecnico, turistico, giuridico…, bisogna leggere una ventina di testi paralleli nelle due lingue, studiare l’argomento, ed evidenziare espressioni comuni di quell’argomento anche in testi della madrelingua. Questo metodo di preparazione per la lezione di traduzione a volte è utile anche nella vita quotidiana ma richiede tempo. Se tu sai già che con l’idraulico avrai dei problemi leggi testi sulla materia su Wikipedia e evidenzia le parole che non conosci. Così ti alleni con il vocabolario che ti potrebbe servire. Certo, non puoi farlo ogni volta e spesso succede che ti serve un certo vocabolario in un certo momento. Ma se sai che dovrai di nuovo affrontare una situazione del genere non è male prepararsi con certe formulazioni. Se leggi testi hai subito pronto il verbo giusto o una collocazione corretta da usare…
La cosa bella della lingua è lo scoprire come si dice nell’altra lingua e il continuo apprendimento. Sono assolutamente d’accordo che l’acquisizione di una lingua straniera non si conclude mai. Non arriva mai il momento in cui puoi dire: Adesso so tutto. Solo che molte persone hanno un’idea sbagliata su cosa significa davvero imparare o acquisire una lingua straniera da adulti.
Buona fortuna!
Ciao Mira, grazie mille del consiglio! Mi pare un’ottima idea prepararsi ogni volta che si può, perché è una buona forma di allenamento.
Buona fortuna anche a te, spero a presto!
Ciao, ho studiato croato per 11 anni, vivo in Croazia da 3, e anche prima venivo spesso, ho fatto quel famoso esame di livello C2 e…dopo questo C2 ho iniziato a sentirmi persa, persa per non avere piú mete raggiungibili ben definite, ma un generico “migliorare” che vuol dire tutto e niente.
Io, invece, non ho avuto problemi a interagire a lezione, forse perché ho imparato la lingua piú gradualmente, forse perché magari siamo tutti persone diverse con punti forti e deboli diversi, chissá, eppure capisco cosa vuoi dire quando parli del Quadro Europeo e di come definisce le competenze
In realtá, peró, ti sto scrivendo per chiederti una riflessione anche su ció che accade alla lingua madre in questi casi. Al di lá di errori di ortografia e grammatica, quello che io noto, almeno nel mio caso, é che, oltre ai campi di studio, come sottolineavi tu, a volte trovo difficile esprimere anche emozioni e situazioni quotidiane nella mia madrelingua. A quel punto il naturale legame emotivo entra in discussione perché anche la tua vita emotiva si svolge in un’altra lingua e questo, almeno nel mio caso, a volte mi porta a sentirmi un po’ persa. Ecco perché, per tornare alla prima frase eel post non é facile vivere senza l’ansia di mete raggiungibili dopo il C2.
Scusa per il papiro in cui, alla fin fine, ho detto poco e niente.
Ciao Miriana, grazie del commento e dello spunto!
Quello che dici mi pare molto interessante, e me lo segno come tema per un futuro articolo: l’interazione tra lingua straniera e lingua madre.
Ne avrei da raccontare a riguardo! Quando rientro in Italia ho molte difficoltà a raccontare della mia vita in Germania, perché quello che succede a Berlino succede in tedesco, e va ogni volta “tradotto”, il che pone un sacco di problemi.
Il rapporto tra lingua, stati emotivi e relazioni è un altro tema importantissimo e con cui mi sono confrontato più volte. E come dici tu: sono rimasto sorpreso di constatare come dopo alcuni anni i problemi siano nati in rapporto all’italiano e non più al tedesco.
Scriverò di questi temi il prima possibile 🙂
Grazie ancora dell’ispirazione, a presto!
Esatto anche io quando vado in Italia ho seri problemi a raccontare cose successe in altre lingue e a volte quando ho il dubbio se ho giá raccontato una determinata cosa a qualcuno o no , mi affido anche al fatto di avere o no raccontato quell’avvenimento in una lingua o di trovarmi a “tradurlo” per la prima volta.
Per non parlare poi del fatto che non sono aggiornata sui fenomeni culturali italiani del momento, mentre nella seconda lingua, ovviamente, mi mancano i ricordi d’infanzia.
Ciao, sono Giuliana e sono sempre stata maledettamente interessata alle lingue sebbene non ne parli così tante come te e le altre persone che hanno commentato. Parlo un pochino di francese e di spagnolo e studio il cinese da due anni. Trovo tutto molto interessante, compresi i commenti e le risposte! Apprezzo molto la tua consapevolezza di te stesso e la capacità di metterti in discussione.
Ho 63 anni e sono stata fino a qualche mese fa un’insegnante di inglese. Parlo bene sia l’inglese che il tedesco. In tedesco ho la certificazione KDS, corrispondente al livello C1. Ho fatto l’esame molti anni fa e sono rimasta sempre in contatto con la lingua tedesca e con la Germania. So di avere lo Sprachgefuehl, ma so anche di non essere bilingue, nonostante usi costantemente il tedesco in Germania, in Austria e in Italia. Mi sono messa l’anima in pace e mi concentro sul progredire senza pensare al traguardo. 🙂
Sono d’accordo con Julia, secondo me si può diventare bilingue anche se si acquisisce la seconda/ terza lingua dopo la prima infanzia. Ad esempio la mia alunna ucraina Irina, e non solo lei, trasferitasi in Italia in 5 elementare senza sapere una parola di italiano, in 1 media lo parlava già benissimo, molto meglio di tanti bambini italiani, e nessuno avrebbe detto che non fosse di madrelingua. La mia figlia ventiduenne, che vive e studia a Monaco da poco più di tre anni, parla il tedesco fluentemente senza alcun accento italiano, mentre suo fratello, pur abitando a Monaco da sette anni e parlando bene, non sembra affatto di madrelingua! Penso che chi ha il talento per l’acquisizione di altre lingue e vive nel paese dove si parla la lingua può diventare bilingue. Le persone che, pur vivendo nel paese da molti anni non sono diventate bilingue non hanno questo talento. Naturalmente non importa dato che sicuramente riescono a comunicare senza problemi, magari anche quando chiamano l’idraulico, a prescindere dalla pronuncia, l’accento … però ciò non toglie che sia possibile, anche dopo la prima infanzia, parlare come una persona di madrelingua. Forse è una cosa non comune, ma non impossibile!
A proposito del difficile raggiungimento del Sacro Graal anche da parte dei bambini, devo constatare che i miei due nipotini che vivono a Monaco, di 6 e 3 anni, parlano benissimo in italiano ma con accento tedesco! Com’è possibile che, sebbene il padre parli solo in italiano con loro e anche la madre lo parli benissimo, senza accento tedesco, la piccola di 3 anni dica “Nonna, hai compRato tu la marmellata?” Oppure “Non devi diRe” con forte erre germanica? Questo davvero non lo capisco.
Ciao Giuliana, grazie per il tuo commento!
In realtà sono d’accordo anch’io: esistono casi di persone che raggiungono una competenza di L2 talmente alta da risultare indistinguibili da un madrelingua. Questo metodo di valutazione somiglia però al Turing Test, dove si valuta se una macchina riesce a farsi passare per un essere umano. Intervisterei volentieri queste persone per sapere come vivono loro la L2 “dall’interno”.
Accettando però l’ipotesi che sia possibile, cosa che non escludo assolutamente, diventa ancora più importante un aspetto dell’apprendimento di cui parlerò prossimamente, ovvero: la fosilizzazione. Con fossilizzazione si intende lo stabilizzarsi dell’interlingua, cioè della “lingua straniera”, a un certo punto del percorso. La domanda quindi è: perché avviene per certe persone di più e per altre di meno?
Io sono dell’idea che ci siano molte variabili in gioco, che analizzarò con calma in un articolo apposito, ma credo che la più importante sia: aver appreso già più di una lingua da bambini. Detto altrimenti: più si ha avuto un’esperienza bilingue da bambini, più sarà facile evitare la fossilizzazione. Questa mia ipotesi non si basa solo sull’esperienza, ma anche su alcuni studi neurologici che mostrano come imparare più lingue nei primi anni di vita crei uno spazio di “plasticità linguistica” che può essere utilizzato in seguito anche per altre lingue. Quindi domanda: c’è un differenza in tal senso tra i tuoi due figli? Se poi tua figlia avesse voglia di farsi intervistare, le porrei volentieri alcune domande 🙂
Circa i nipotini: purtroppo non sono molto esperto di bambini bilingue. Per approfondire il tema ti consiglio il blog di Educazione Globale.
Formulerò comunque un’ipotesi. Pronunciare la “r” presuppone un movimento molto faticoso, che necessita anche di una muscolatura apposita. La “r” tedesca e italiana si distinguono dalla zona della lingua che entra in gioco nella fonazione. Io sono cresciuto con l’erre moscia e da adulto ho penato per mesi prima di riuscire a pronunciare una “r” decente. Il motivo per cui non l’ho imparata da piccolo, è stata una forma di “pigrizia” motoria. Mi immagino quindi che per i tuoi nipotini valga un discorso analogo: hanno già imparato una “r” e quella “funziona” anche in italiano, perché le persone li capiscono… quindi perché allenare un altro movimento?
Cosa si può fare quindi? Io per prima cosa controllerei che siano in grado di pronunciare la “r” italiana correttamente. Se questo è il caso, basta smettere di capirli quando usano la “r” scorretta. Gli si chiede di ripetere e se alla terza non hanno pronunciato correttamente si chiede: intendi dire “comprato”? E poi farli ripetere. Non sono esperto di pedagogia infantile, ma credo potrebbe funzionare.
Se invece non sono in grado di articolare il suono corretto, è meglio rivolgersi a un logopedista esperto in bambini, che saprà consigliare gli esercizi adeguati per farli imparare.
Un caro saluto, a presto!
Grazie della tua risposta Alessio! Molto interessante il discorso della fossilizzazione, in effetti anche le persone più motivate a migliorarsi, che non si accontentano mai del tutto delle loro competenze, e quelle che studiano/operano in ambienti molto stimolanti non potrebbero impedire la fossilizzazione, se non ci fosse in loro quello spazio di “plasticità linguistica” a cui fai riferimento. Non pensi però che l’esigenza individuale di arricchirsi, potenziarsi autostimolandosi e il talento personale nelle lingue possano essere delle variabili importanti ? Non vedo l’ora di leggere il tuo articolo su questo tema.
Si, c’è una differenza tra i miei due figli. Il più grande, quello che non sembra di madrelingua, è stato meno esposto alle lingue straniere da bambino, mentre la ragazza ventiduenne ha ricevuto molti più stimoli. Quando la bambina cominciò a padroneggiare la madrelingua italiana, a circa due anni, iniziai a parlare in tedesco con lei – la mia intenzione era di insegnarle l’inglese ma i miei amici tedeschi mi convinsero ad insegnarle il tedesco. Elaborammo insieme un metodo a tavolino e funzionava! Dopo qualche anno dovetti smettere però perché fingeva di non capire e mi chiedeva di parlare in italiano. In realtà aveva ragione, parlare in tedesco quando il resto del mondo parlava in italiano era piuttosto artificioso, inoltre io non ero di madrelingua tedesca e sicuramente facevo degli errori. Oltre a questa esperienza col tedesco (apparentemente dimenticato) nella primissima infanzia, lei è stata in seguito esposta molto all’inglese ed ha anche vissuto un anno in America a 17 anni, mentre faceva il liceo. La ragazza è stata dunque più esposta a delle lingue straniere, ma è anche più talentuosa di suo fratello nelle lingue. Penso che sarebbe disposta a rispondere alle tue domande, sarebbe molto interessante!
Grazie del consiglio relativo all’Educazione Globale! Andrò sicuramente a visitare il blog. Non ti ho spiegato bene per non dilungarmi troppo, ma io ho una mia teoria molto semplice sul perché di questa erre. Naturalmente potrebbe essere sbagliata e potrebbe invece essere vero quello che suggerisci tu. Cerco di essere sintetica: il primo bambino (6 anni) non è il figlio di mio figlio e, anche se mio figlio ha parlato in italiano con lui, più o meno da quando è nato, è stato sempre più esposto al tedesco che all’italiano, forse per questo ha un accento tedesco? Anche questo mi è sempre sembrato strano. La sorellina di 3 anni, per cui è un idolo, lo imita nei giochi e penso (ma chi lo sa?) che spontaneamente imiti anche il suo modo di parlare. Scandisce tutto perfettamente, solo che ha questa R tipicamente tedesca e anche un accento tedesco che nessuno dei due genitori ha!
Un caro saluto anche a te!
Circa la fossilizzazione: non credo che esistano dati conclusivi a riguardo. Per questo io credo sia utile riflettere sui possibili fattori semplicemente per averli sott’occhio e quindi potersene prendere cura. Essendo un tema complesso dovrò aspettare di avere un paio di giorni liberi per poter scrivere un articolo decente a riguardo, ma sicuramente questo tema è nella top-five di quelli più urgenti, quindi non ti farò aspettare troppo 😉
Interessante quello che scrivi circa le differenti esperienze di lingue straniere nell’infanzia dei tuoi figli. Sono abbastanza convinto che quella sia la motivazione principale della differenza da adulti. (Magari a tuo figlio farebbe piacere saperlo, così da non prendere la cosa sul personale, come se fosse dipeso da lui o da un talento innato 😀 ).
Se tua figlia ha voglia di contattarmi, trova la mia email sotto contatti. Ovviamente senza impegno e solo quando avrà tempo e voglia.
La tua teoria circa i nipotini mi pare anche molto sensata. Io controllerei comunque come prima cosa che ci sia competenza fonatoria, cioè che sappiano pronunciare la “r” italiana.
Grazie! Vedo che non credi nel talento nelle lingue come fattore determinante il bilinguismo e sicuramente hai ragione. Buon lavoro!
Ciao, concordo pienamente con quanto hai detto, ma voglio comunque portarti la mia esperienza. Io sono figlio misto: mio padre è italiano e mia madre bosniaca. Sono madrelingua italiano, ma non ho mai imparato il serbo-croato (purtroppo). La cosa bizzarra è che anche se non l’ho mai imparata, la sento comunque una lingua mia: sento che in qualche modo mi appartiene, che risiede dentro di me, devo solo scoprirla. Comunque.. Io amo le lingue, ma non tanto studiare, piuttosto viverle. Ho fatto il liceo linguistico, studiando inglese, francese e tedesco: avevo 4 di media in tutte e tre 🙂 Ho sempre detestato studiare le lingue, ma viverle è completamente diverso! Lavoro tutte le estati in campeggio come animatore o bagnino e vivo in mezzo ai tedeschi, agli olandesi, ai danesi ecc. Nell’arco delle varie stagioni sono riuscito a migliorare il mio tedesco come mai avevo fatto prima. Il punto è che non avendo delle basi solide e parlando tedesco solo 6 mesi l’anno, ogni volta devo ricominciare da capo (fino a un certo punto, si intende). Lo capisco molto bene, sia allo scritto che all’orale, ma a parlarlo… faccio fatica se non lo tengo allenato. Attualmente vivo in Francia, mi sono iscritto all’università qui. Vivendo il francese mi sono reso conto, come dici tu, di quanto il mio C1 preso al DELF durante il primo anno di università a Verona fosse alquanto penoso. Quando sono arrivato in Francia riuscivo a malapena a capire quello che mi dicevano, per non parlare delle risposte orrende che davo: sgrammaticate al massimo, incoerenti col discorso (non capivo). Meno male che avevo passato il C1 con 87/100. In Italia mi vantavo del mio francese, ma poi ho capito: per imparare una lingua bisogna viverla, studiarla si, ma viverla. La mia ragazza, per esempio, è catalana ed è bilingue spagnolo-catalano. Quando vado da lei parlo correntemente spagnolo (senza averlo mai studiato) con i suoi genitori e riesco a capire bene i loro discorsi in catalano (che è completamente un’altra lingua). Attualmente, per fare il punto, vivo in Francia da 1 anno, parlo inglese e spagnolo correntemente, all’occorrenza rispolvero il mio tedesco e sto studiando russo. Il mio trucco qual è? Vivo le lingue: tutti i giorni leggo articoli in ciascuna lingua (basta preimpostare le pagine preferite); ogni giorno guardo un film in lingua (un giorno tedesco, uno spagnolo, uno russo, uno francese, uno inglese e uno italiano). Ascolto musica in tutte le lingue e si, tengo allenato anche il mio italiano, benché sia madrelingua il mio cervello non è un computer, è più simile a un muscolo, devo tenerlo allenato. Io, però, ho scelto di vivere le lingue attraverso un linguaggio comune e gergale. Ascolto moltissima musica rap in tutte le lingue, il che mi agevola nel parlare la lingua da strada, che per me ha un fascino unico, ma quando devo leggere qualcosa in merito a un determinato settore devo fare il mio sforzo. Spero di essere stato esaustivo. Vorrei un tuo parere sul quanto scritto! Saluti, Giacomo
Ciao Giacomo, grazie di condividere la tua esperienza con noi.
Ti faccio i complimenti e mi felicito per aver sviluppato un metodo di apprendimento adatto a te. Farlo da sono non dev’essere stato semplice, ma capisco che tu ti sia trovato a doverlo fare, perché se dipendesse dagli insegnanti di liceo… le persone come noi avrebbero sempre e solo 4. 😉
Credo che l’articolo circa Learning e Acquisition possa renderti ancora più chiara la tua esperienza con il francese e con lo spagnolo. Nella pratica però avrai già capito come funziona.
Circa il tedesco io consiglio sempre di occuparsi un po’ della grammatica, perché al contrario dello spagnolo non è una lingua che un italiano possa imparare solo attraverso la pratica. Questo però non vuol dire “studiarla” come faremmo al liceo, bensì sfogliarla, capirla e poi ritrovarla nei testi che leggiamo. (Sto scrivendo un articolo a riguardo, pazienta un paio di giorni 😉 )
Riguardo il lessico e la lettura in settori diversi da quelli a cui sei abituato, l’unica soluzione è la pratica, soprattutto di lettura. Se la difficoltà è molto forte puó essere consigliabile trovare una traduzione, in modo da non dover cercare tutto il tempo sul dizionario, oppure scaricare il testo su kindle, in modo da avere le definizioni a portata di click.
Per il resto mi sembra tu stia usando un buon metodo e il fatto che per te funzioni ne è la prova.
L’unica cosa che mi è venuta in mente ancora è che potresti provare con le serie televisive invece dei film. Per una serie di motivi, che spiegherò in un post apposito, sono convinto siano più adatte all’allenamento di una lingua. Trattandosi però anche di gusti, fai in primo luogo quello che ti piace, se vuoi guardare films, guarda film! 🙂
Se hai altre domande, sono qui.
Un caro saluto!
Ciao Alessio, ti dirò.. Sono un malato terminale di serie televisive. Le divoro letteralmente, ma con un piccolo problema.. Riesco a guardarle soltanto in italiano, al peggio in inglese sottotitolato in italiano. E questo per un motivo molto semplice. Ho visto abbastanza serie televisive da capire tre cose:
1. Quando cominci a conoscere i doppiatori fai fatica a disaffezionarti
2. Il linguaggio di una serie televisiva a mio parere è ben più difficile di quello di un film; in un certo senso riprende quello quotidiano, al contrario di molti film che usano espressioni linguistiche spesso cadute in disuso. La difficoltà linguistica ci porta dritti al punto 3.
3. Se non si capisce una serie televisiva dal principio (Eccezione fatta per Game of Thrones, la serie televisiva più complicata che abbia mai visto) è difficile guardarla in lingua e ciò può portare alla noia e all’abbandono della serie stessa.
Aggiungo che è difficile trovare in streaming serie televisive di altri paesi, in lingua originale, eccezione fatta per quelle anglo-americane, poiché molti Paesi hanno il blocco delle reti quindi ti impediscono di accedere alla loro rete da una rete estera
Ciao Giacomo 🙂
Anch’io sono un seriofilo seriale 😀
Scriverò un post anche sulle serie prima o poi, perché io sono convinto siano meglio dei film per imparare una lingua. Peró hai perfettamente ragione per quanto riguarda gli aspetti di cui parli.
Come consigli al volo ti dire: 1) guarda soprattutto sit-com, così che la trama non sia importantissima… Game of Thrones è una serie che puoi vedere solo in una lingua in cui sei già molto avanzato. Ma proprio molto.
2) guarda gli episodi prima in italiano.
3) è vero che è difficile trovare serie in altre lingue, prova però a chiedere a madrelingua cosa guardano e dove le trovano. Le serie non devono essere a tutti i costi originariamente nella lingua che stai studiando. Io ad esempio mi sono visto Sex and the City e Prison Break in spagnolo… (la pronuncia è molto più standard e quindi più semplice rispetto a una serie originale spagnola).
Ciao alessio, io in spagnolo sto guardando El Internado. L’accento è un po’ marcato rispetto a quello catalano cui sono abituato (la mia ragazza è di barcellona), però devo dire che me la cavo. Le uniche serie che ho rivisto in lingua sono: The Walking Dead, Fringe, Lost e Under the dome. Ne sto guardando una che è in inglese americano slang (tradotto, non si capisce un c***o), che si chiama Black-ish, in francese sto guardando camelot. Tutto il resto in italiano. I film sono più facile da trovare e capire. Fino a che il mio livello in una lingua non sale abbastanza da poter seguire gli episodi senza doverli riguardare, le serie televisive le lascio perdere. Per ora ce l’ho sempre fatta, poi si vedrà 🙂 vedremo come andrà quando studierò giapponese e arabo 😀 hahahah sono un maniaco delle lingue. Mi piace studiarle, parlarle, viverle, ma anche conoscere usi e costumi del paese di origine.
Io, essendomi laureata in lingue alla triennale, avrei il livello C1 in tedesco: ho passato gli esami necessari per avere tale livello. Però non sempre capisco tutto ciò che leggo, non ho una buona padronanza del vocabolario (non tanto quanto ce l’ho con quello inglese ad esempio) e, non praticandolo mai, quando parlo faccio pena. Nessuno direbbe che sono un C1. Eppure ho passato l’esame più difficile, quello del secondo anno, già al secondo tentativo (quando molti devono ritentarlo anche tre, quattro volte) e con un voto discreto, quello del terzo anno al primo colpo. E non senza una preparazione consistente dietro.. Ma è diverso quando si deve studiare per un esame rispetto a quando ci si trova nel luogo e si è obbligati a usare la lingua ad un certo punto e a non sentire altro che quella! Il mio inglese è sensibilmente migliorato nel momento in cui ho cominciato a guardare solo ed esclusivamente film in lingua originale e a leggere tanto in inglese, praticandolo, non saturando la testa di informazioni che si sarebbero smaterializzate due secondi dopo l’esame.
Ho trovato il tuo articolo molto interessante e veritiero. Vivo in Russia da quattro anni, dopo una laurea in russo in Italia e con un marito russo, e condivido pienamente il fatto che essere madrelingua in una lingua straniera è un’altra cosa, non acquisibile in età adulta. Purtroppo questo concetto di “parlare come un madrelingua” è sbandierato da molti che si ritengono tali, dopo aver vissuto un anno o due in terra straniera. Bisognerebbe essere più realisti e ammettere i propri limiti. Persino i bilingui hanno spesso una lingua che è più madrelingua dell’altra, lo vedo con mia figlia che, seppur bilingue russo-italiano, quando gioca da sola predilige parlare in russo e in questa lingua si esprime meglio.
Inoltre, il tuo articolo si legge molto in fretta, è scorrevole. Grazie per la piacevole lettura!
Grazie Claudia del bel commento! 🙂
Hai perfettamente ragione, è esattamente come dici! Avendo imparato il tedesco e successivamente sostenuto esami e quindi preso un DSH per sport (come Erasmus non ero obbligato) da ultraquarantenne, ho fatto le tue stesse riflessioni.
Gli aneddoti non si contano! Come quando vai dal prof a ricevimento e non capisci che cosa sta rispondendo alle tue domande (imbarazzante… ma ho passato il suo esame). Oppure all’orale del DSH, quando l’orale è praticamente finito ma uno dei prof fa qualche commento e riesci a non aprire la bocca mentre stai per dire “Bitte?!?” 😀
Ciao Alessio, scusa se te lo dico ma io non credo assolutamente al fatto che tu abbia conseguito la certificazione C2 dopo 8 mesi. Puoi mostrarmi tutto quello che vuoi, ma io tanto non ci credo! Sicuramente hai anni di studio alle spalle. Oltretutto penso che questo articolo sia un’offesa per chi fatica dietro alle lingue (soprattutto dietro al tedesco)! Scusa ma avevo bisogno di esser sincera.
Ciao Cristina,
figurati, non ti devi scusare. Apprezzo sempre le opinioni sincere ^_^ sono contento tu dica quel che pensi.
Se rileggi l’articolo, noterai che ho scritto: 8 mesi dopo essere arrivato a Berlino, cioè circa un anno dopo aver cominciato a studiare tedesco. Quindi parliamo di quasi 12 mesi, non di otto.
E questa è la verità, che tu ci creda o meno. Purtroppo non ho modo di provarti la veridicità delle mie affermazioni, perché avrei bisogno che amici e parenti testimonino che io l’anno prima di trasferirmi non avessi mai studiato tedesco. Io francamente non mi sento di dover dimostrare qualcosa, soprattutto perché il tempo da me impiegato a imparare il tedesco non gioca nessun ruolo nell’articolo.
Ho citato la mia esperienza per dire: anche dopo aver conseguito il C2 comunque non avevo assolutamente un livello di competenza paragonabile a un madrelingua. Tutto qui. La rapidità di apprendimento non gioca nessun ruolo nel mio discorso.
La parte del tuo commento che mi interessa di più però è quando dici che questo articolo sia un’offesa per chi fatica dietro alle lingue.
Ovviamente non era minimamente mia intenzione offendere nessuno, ma anzi il mio intento era il contrario: aiutare altri studenti a liberarsi dal fardello di questo obiettivo assurdo, cioè “il livello madrelingua”.
Gli altri commenti qui sotto, ma anche su facebook e nei vari messaggi che ho ricevuto, non hanno mai segnalato che il mio articolo potesse essere offensivo o demoralizzante. Anzi al contrario: molti mi hanno ringraziato proprio perché si sono sentiti compresi e sollevati.
Per questo mi interesserebbe capire meglio le tue sensazioni e cosa ti ha offeso.
Mi scuso in ogni caso e ti ringrazio del commento 🙂
I’ll right away grab your rss as I can’t find your email subscription link or e-newsletter service. Do you have any? Please let me know in order that I could subscribe. Thanks.
I don’t even know how I ended up here, but I thought this post was good.
I don’t know who you are but definitely you are going to a
famous blogger if you aren’t already 😉 Cheers!
Mi sembra veramente strano e assurdo, oltre che “offensivo” per le persone che hanno studiato anni per arrivare da questo livello. Solo per arrivare ad un livello “C1”, ci vogliono anni di studio.
E molte persone, tentano i vari esami di livello C1 (nelle varie lingue), svariate volte senza riuscirci.
Un livello “C2” è difficilissimo, figuriamoci in “8\12 mesi”.
Suvvia, senza offesa ma la ritengo un’assurdità per farsi pubblicità!
Ciao Ryuken,
sono contento che tu abbia espresso i tuoi pensieri a riguardo e mi scuso se ho recato offesa, e spero vi sia un malinteso.
Mi dispiace per chi soffre a lungo su una lingua e sono convinto che nella maggior parte dei casi si tratti di problemi metodologici, però un C1 in un anno non è assolutamente impossibile, soprattutto se si ha molto tempo a disposizione per la pratica e si usano i metodi più adatti a noi.
Io non potrei mentire sul lavoro, perché i miei amici, la mia famiglia, la mia ragazza, che conoscono la mia vita, saprebbero che è una bugia, e questo non potrei sopportarlo.
Io ho davvero passato l’esame C1 già in giugno e ho aperto per la prima volta una grammatica tedesca a ottobre dell’anno precedente. Questa è realtà. E ti dirò: se lo facessi adesso, ci metterei di meno, perché nel frattempo la mia comprensione dell’apprendimento linguistico e la mia esperienza nel campo sono aumentate enormemente.
Detto questo: io regalo sempre una prima ora di colloquio, ti invito a contattarmi e a chiacchierare con me su skype. Ti racconterò tutti i dettagli che vorrai e non ti costerà un centesimo 🙂
A presto,
Alessio
Ciao, sono Andrea!
Sono molto interessato alle lingue, sono stato adottato all’età di dieci anni e ho imparato velocemente l’ italiano ( originario del Brasile). Nonostante abbia un accento che faccia ridere e non uso le doppie, mi hanno sempre detto che scrivo molto meglio di tanti madrelingue italiani.
Scrivo tanto perché vorrei diventare uno scrittore e non dico che lo faccio in un modo, ma potrei ritenermi fortunato.
Ora mi chiedo: ho 17 anni, secondo te è possibile che impari a scrivere come un inglese madrelingua?
Mi puoi dare alcuni consigli?
Scusa se ho sbagliato a scrivere qualcosa. Ma andavo piuttosto di fretta.
Ciao Andrea!
Scusa il ritardo nel risponderti, avevo perso il tuo commento in mezzo a quintali di spam 🙂
Secondo me puoi sicuramente diventare uno scrittore, e il fatto di non essere madrelingua non sarà uno svantaggio, ma anzi, potrebbe essere un vantaggio, perché il tuo modo di scrivere sarà probabilmente più originale e consapevole.
Circa l’accento, le doppie, e altri dettagli di questo tipo, certamente ci si può lavorare sopra.
Per darti consigli più specifici dovrei leggere testi scritti da te e sentirti parlare, sebbene non credo di essere la persona più adeguata, perché sono specializzato nell’apprendimento del tedesco.
In ogni caso: la prima ora di consulto è gratuita, quindi ti invito a sentirci su skype e in quell’ora ti darò volentieri tutti i consigli che posso.
Un caro saluto!
Ciao sono Veronica 🙂
Sono una studentessa di lingue di 17 anni. Volevo farti due domande.. sempre se non è un disturbo
1. A scuola continuano a dirmi che le certificazioni sono quelle che ti dicono il tuo livello e ti fanno capire quanto sai una lingua… però oggi ho ricevuto i risultati di una di esse e non mi ha soddisfatto era poco piu di sufficiente benchè io parli (in questo caso francese) abbastanza bene e in modo più o meno fluido..e la cosa mi ha demoralizzata… quindi secondo te .. le certificazioni mostrano davvero il tuo livello o sono solo numeri indicativi?
2. A scuola non ci fanno parlare minimamente in lingua.. e non so come fare per allenarmi.. mi potrestri dare qualche consiglio?
Grazie mille e scusa ancora il disturbo
Ciao Veronica, nessun disturbo!
Proverò a rispondere alle tue domande al meglio, sebbene in maniera sintetica.
1. Quello che le certificazioni ti dicono, è quanto sei stata brava a risolvere gli esercizi del test. Questo ovviamente può avere una certa relazione con le tue capacità linguistiche, ma non corrisponde a esse. Io non ho mai fallito un esame di lingua, ma il mio livello di capacità effettivo era spesso molto diverso. Io di base alleno i miei studenti a imparare la lingua, non a passare esami, quindi non possono fare un esame direttamente, perché rischierebbero di essere bocciati. Se qualcuno dei miei studenti deve fare una certificazione, DUE MESI prima dell’esame noi interrompiamo l’allenamento standard e cominciamo l’allenamento SPECIFICO per l’esame. Come prima cosa si prendono libri specifici, dove viene descritto in dettaglio cosa si deve sapere e come si svolge la prova. Il primo mese ci si concentra sulle conoscenze, il secondo mese proprio sugli esercizi da svolgere. Bisogna sviluppare e allenare STRATEGIE specifiche per risolvere quegli esercizi nel tempo minore possibile e in modo più efficiente possibile. Così si passano gli esami. Sapere una lingua è un’altra cosa. Conosco persone laureate in lingue straniere che all’atto di parlare sono assolutamente incapaci, e viceversa si può parlare fluentemente una lingua e non fare mai certificazioni (come ad esempio io con l’inglese).
2. Ci sarebbero molti consigli da darti. Se i tuoi genitori lo riterranno appropriato, posso darti delle lezioni su skype (il mio lavoro è proprio questo: aiutare a imparare una lingua). Un’ora e mezza a settimana per un mese o due sarebbe più che sufficiente a darti le basi che ti servono. (Parlo anche francese, oltre il livello C2).
Qui posso darti un paio di consigli generici:
1) Leggi. Leggi quello che vuoi, a qualsiasi livello, meglio se un testo di cui capisci almeno il 60-70%, meglio se conosci già il contenuto o la storia. Non concentrarti su tutte le parole, continua semplicemente a leggere.
2) Per il francese: guarda serie televisive in francese, ascolta musica e radio francese, ascolta audiolibri in francese. Se qualche frase ti suona bene, ripetila a voce alta!
3) Scarica Hello Talk, una app per tandem-partner linguistici, e comincia a chattare con persone francesi. La chat scritta è un ottimo modo per sviluppare capacità dialogiche. Se con qualcuno ti trovi bene e ti senti pronta, potete anche incontrarvi su skype e chiacchierare a voce.
Spero questi consigli ti saranno utili, se hai domande non esitare a scrivermi 🙂
Un caro saluto da Berlino,
Alessio
Io cerco un’informazione che nessuno riesce a darmi: dovrei sapere, per l’inserimento nelle graduatorie scolastiche dell’insegnamento, se l’aver frequentato il Goethe Institut in Italia (C1) equivale ad averlo frequentato in Germania.
Mi servirebbe anche qualche riferimento legislativo a riguardo.
Grazie.
Grazie per la pronta (?) risposta, veramente molto gentile….
Ciao Nick,
pubblico anche il tuo secondo commento, per potermi adeguatamente scusare.
Speravo qualcuno tra i lettori potesse rispondere alla tua domanda e nel frattempo ho cercato di informarmi. Purtroppo non ho trovato nulla: dovresti chiedere a un esperto di graduatorie. Dal punto di vista delle certificazioni il Goethe non fa differenza tra certificazioni emesse in Germania o all’estero. Quindi la risposta sarebbe: il certificato è lo stesso. Se poi però le commissioni fanno una differenza ulteriore, questo non te lo so dire.
Mi spiace non saperti aiutare ulteriormente.
Grazie (adesso senza ironia 😉 ) per la tua risposta, mi è stata comunque utile.
Ciao, condivido pienamente quanto scritto riguardo le varie certificazioni, ma non riguardo l’essere madrelingua. A me, per esempio, è successo l’inverso: il mio livello di inglese è considerabile madrelingua, anche se non l’ho acquisito nei primi 10 anni di vita, ma perchè per una decina di anni mi sono completamente immersa nella lingua (che è uno dei possibili percorsi per potersi definire madrelingua, infatti voglio ricordare che la “lingua madre non va confusa invece con la “prima lingua”, che è invece quella lingua che per prima viene appresa dall’individuo, generalmente in età infantile, dai genitori”). Ho perfino studiato tedesco dall’inglese. Ora sto studiando per prendere la certificazione del livello C2, e non trovo particolari difficoltà linguistiche nel farlo, ma sto solamente cercando di abituarmi al formato dell’esame nell’ottica di passarlo al meglio. Vorrei dare speranza a chi volesse essere fluente in una lingua che non sia la prima, ricordando che la pratica rende perfetti (es ist noch kein Meister vom Himmel gefallen ;-P).
Cara Silvia, grazie della tua testimonianza.
Mi interesserebbe molto discutere i dettagli del tuo livello di inglese, se fosse possibile. Secondo me un’analisi più approfondità mostrerà delle differenze rispetto a un “vero madrelingua”, ma sono pronto a farmi sorprendere 😀
Concordo in pieno, in quanto non si tratta di un opinione di chi ha scritto l’articolo, ma di verità. Non a caso, l’esame proficiency del Cambridge è settato per il livello D1 (grado A del suddetto test, che è il livello tra il C2 e il madrelingua). Dunque:
Madrelingua
D1
C2
Infatti, anche se il mio livello di inglese e francese è il C2, e pur potendo esprimermi senza limiti e con un ritmo colloquiale naturale, non ho lo stesso numero di vocaboli, velocità e prontezza immediata che ho nella mia lingua madre (in particolare quando il dibattito si accende e devi parlare a velocità stratosferica…).
Detto questo, ottenere il C2 in tedesco in soli 10 mesi è impossibile per il 99,99% delle persone (visto che il ceppo linguistico è differente). Dunque credo che tu abbia una innata predisposizione e/o la difficoltà dell’esame che hai sostenuto è più facile dello standard del C2… (quasi tutti gli esami lo sono, pur essendo dichiarati a tale livello). Il B2 è l’esame più veritiero, in quanto, più si sale di livello, più l’esame è “falsato” (l’orale dura solo 15 minuti). Per dimostrare un livello C2 è necessaria una conversazione molto più lunga (come nella vita reale…). Ad ogni modo, pur nelle altre aree, non so come tu abbia fatto! Nessun laureato in lingue anche dopo cinque anni raggiunge quel livello (i più bravi arrivano al C1). Misteri della vita…..
Saluti.
Ciao Felix,
sono d’accordo con quanto dici 🙂
Circa il “come ho fatto”, ho spiegato in un altro commento come le condizioni non fossero assolutamente “normali” e non comparabili a chi studia lingue all’università (le ho studiate, quindi parlo con cognizione di causa).
Grazie per aver condiviso la tua esperienza, questo mi aiuterà molto in futuro.
Secondo me è una bugia…viveva da anni in Germania probabilmente…
E invece no 🙂
Ciao Alessio, scusami ma non mi è chiara una cosa. Nell’articolo tu scrivi: “In realtà io dovetti prendere quella certificazione come un requisito per l’iscrizione all’università. Dovetti quindi sostenere l’esame dopo otto mesi che ero a Berlino, ovvero dopo circa un anno l’aver cominciato a studiare tedesco. Dopo solo un anno (senza frequentare alcun corso) ho passato l’esame di certificazione C2 (DSH 3). (Oggi la Humboldt chiede un livello C1 per l’ammissione, ma nel 2009 era diverso).”
Poi al commento di Giulia rispondi: “Quando mi iscrissi alla Humboldt Universität, nel 2009, per la facoltà di Sozialwissenschaften era richiesto un C1 per presentare l’iscrizione (l’esame lo feci al Goethe Institut, senza però frequentare corsi) e un C2 per essere ammessi (a settembre).”
Quindi, dopo otto mesi che eri a Berlino cosa hai sostenuto?Il C1 oppure il C2?Scusami, ma sembra che tu ti contraddica tra l’articolo e la risposta al commento. E’ scritto tutto in maniera molto confusa. Inoltre, devi essere probabilmente un genio, perchè io forse nemmeno dopo cinque anni di liceo linguistico, sei mesi come au pair a Berlino e un anno all’università di lingue, sarei riuscita a prendere il C1, tantomeno il C2. Al massimo il B2.
Ciao Roberta,
trovo divertente come questo dettaglio biografico attiri così tanta attenzione, perché non credevo fosse così importante per il contenuto dell’articolo.
Sono però più che pronto a risponderti e se vuoi posso fornirti (in privato) copia digitale della mia Anmeldung e degli esami, con tanto di data. Di più non posso.
Non capisco dove tu veda una contraddizione, e mi dispiace che sia scritto in “maniera molto confusa”, ma non credevo proprio che la cronologia esatta dei miei studi fosse così importante per l’articolo.
Ho ripreso in mano i documenti e mi sono reso conto di aver sbagliato l’anno, quindi stiamo parlando del 2010, non del 2009!!! Trovo la cosa molto divertente, perché mostra quanto poco io ci tenga a queste cose ^_^
Cronologia corretta:
L’anno predecente il mio arrivo a Berlino (siamo quindi nel 2009) tra settembre e ottobre, comincio a studiare tedesco. Primo contatto assoluto con la lingua. Ovviamente non ho certificati, ma ho testimoni.
A gennaio (quindi 2010) vengo per la prima volta a Berlino, anche la mia prima volta in Germania.
La mia Anmeldung è del primo marzo 2010.
A giugno dello stesso anno (quindi 2010) sostengo l’esame C1 al Goethe.
A settembre dello stesso anno (sempre 2010) sostego il DSH3 e comincio a studiare alla Humboldt. Quindi siamo a 12 mesi da quando ho iniziato a studiare tedesco e a 8/9 mesi da quando ho messo piede per la prima volta in Germania.
Circa le tue esperienze con il tedesco:
la maggior parte delle persone che ho incontrato nella mia vita, dopo aver studiato una lingua straniera al liceo e poi all’università, comunque non la parlano fluentemente. Quindi la tua esperienza non mi sorprende.
Ci sono tre cose da considerare per capire le differenze tra le nostre esperienze con il tedesco:
1) il metodo. Io ho studiato francese e spagnolo all’università, ma ho smesso di seguire i corsi di lingua dopo neanche un mese, perché erano una perdita di tempo. Ho studiato da solo e dopo tre anni ero fluente (oggi insegno anche in francese e spagnolo), mentre i miei compagni di corso dopo tre anni ancora soffrivano. Quindi se hai seguito corsi “canonici” non mi sorprende che i risultati siano lenti ad arrivare.
2) l’esperienza pregressa. Il tedesco era la mia quarta lingua straniera e avevo conoscenze di linguistica e pscicologia cognitiva. Quindi ovviamente ero molto in vantaggio. Non ha senso paragonarmi a un liceale o qualcuno ai primi anni di università.
3) l’intensità di studio. Durante quei mesi non ho fatto altro. Non ho lavorato e non ho studiato nient’altro se non tedesco, perché quella era la mia priorità.
Poi possiamo anche aggiungere che sono veloce a imparare, anche questo è vero, ma credo che i punti precedenti siano molto più determinanti.
Vorrei sottolineare che io non sto affermando che “chiunque possa passare il C2 in un anno”!!! La velocità di apprendimento dipende appunto da molti fattori e di certo solo poche persone si trovano nella condizione di poter compiere uno scatto del genere.
Spero di aver soddisfatto la tua curiosità, ma se così non fosse, non esitare a scrivermi.
Cari saluti,
Alessio
Mi hai letto nel pensiero!
Sono troppo ďaccordo con te!
Ciao, molto vero e molto simpatico il tuo post:) Posso linkarlo nel mio blog…?
Ciao Vanessa, certo, onore mio 🙂
Da ciò che mi pare di aver capito ha studiato sociologia in Germania, chiedo troppo se ti chiedo di parlare della tua esperienza universitaria? Tra pochi giorni parto, direzione Germania, per studiare la lingua ed eventualmente iscrivermi alla laurea di sociologia in quel di Monaco. Caso ha voluto che a quanto pare trovassi una persona che ha già fatto ciò che piacerebbe fare a me, potresti darmi delucidazioni
Ciao Marco!
Certo, posso parlartene volentieri 🙂
Che aspetti ti interessano in particolare?
Se vuoi puoi scrivermi una mail con delle domande a info@tutorlinguistico.de
e potrei postare un video di risposta sul mio canale youtube.
Che ne pensi?
Carissima, la domanda è un po’ fuori luogo manvisto che sono disperata, forse tu sai come posso risolvere il mio problema. Io sono in Spagna da 20 anni il mio livello è alto. Pochi giorni fa mi sono presentata a un concorso e mi hanno attribuito un B2 di italiano. Ecco mi sembra uno scherzo? Ma se sono madrelingua? Chiamo a Siena ed il centro Plida , volevo fare la esame c2 ma come nativa italiana non posso farlo…ed allora come dimostrò che si parlare bene la italiano … Assurdo. Tu per caso sai della normativa sulla lingua materna? Grazie. Maddalena
Parole Sante!!! Il tuo intervento fotografa alla perfezione la realtà delle certificazioni linguistiche e delle competenze che da esse derivano. Ciò che mi sento di dire a tutti quelli che temono di intraprendere questo tipo di percorso è NON ABBIATE PAURA! Io ne ho avuta molta e mi è servita solo a perdere tempo (ahimé). Potete fare tutto impegnandovi al massimo e affrontando la sfida con serenità. I madrelingua e le loro competenze linguistiche ignorateli, vi portano fuori strada! Grazie ancora per questo post.
Il madrelingua è colui che ha un rapporto emotivo con la propria lingua, e soprattutto, come scrivi te, non sente la sensazione di estraneità della lingua.
Allora mi chiedo: perché dovrebbe essere impossibile?
Ogni esperienza di vita che facciamo implica dell’emozione, e questo non è diverso dall’apprendimento della lingua.
Tutto con il giusto metodo può essere conseguito.
La sensazione di estraneità può essere eliminata. Conosco persone (anche parenti) che parlano la seconda lingua come se fosse la prima.
Per loro non c’è alcuna differenza, non hanno quel sentore di estraneità che tu descrivi.
Per loro parlare una lingua o un’altra è la stessa cosa.
Il fatto che solo da bambini si ha un cervello plastico è inesatto, in quanto ogni volta che impariamo qualcosa il nostro cervello crea nuove connessioni.
Anzi, dalla nostra abbiamo la capacità di strutturare meglio.
“Essere madrelingua vuol dire aver acquisito profondamente una lingua nei primi 8-10 anni di vita. In questo periodo dello sviluppo, la nostra mente possiede un livello di plasticità che poi si perde crescendo. Le lingue imparate in questa fase penetrano in profondità e strutturano il nostro pensiero, creando delle competenze “istintive”.
Questo è interessante. Sono madrelingua inglese, ma comincai a imparare lo spagnolo quando avevo 10 anni perché mio zio aveva sposato una donna messicana e scoprii che amavo lo spagnolo. Dopo, decisi che volevo parlare spagnolo come parlo inglese (la stessa fluidità e come madrelingua) e sono diventato ossessionato con questo obiettivo. Cominciai a parlare e pensare in spagnolo la maggior parte della giornata, tutti i miei amici parlavano spagnolo, ascoltavo musica e guardavo TV/Video/Film in spagnolo tutto il tempo. Mi piaceva leggere molto e provavo a imparare molte espressioni, gergo, termini, eccetera. Guardavo molte telenovelas messicane per imparare la lingua nel contesto.
Chiedevo sempre che tutti i miei amici mi correggessero e creai un ambiente di apprendimento perpetuo. Sapevo che se volevo parlare come un madrelingua dovevo dire tutto nel modo in cui loro dicono le cose (vocabolario, struttura, pronuncia, accento, intonazione) e avevo bisogno di avere esperienze simili a loro. Mi piaceva stare con famiglie diverse perché i bambini parlavano in un modo, gli adolescenti parlavano in un altro modo, i genitori parlavano in un modo e i nonni parlavano in un altro modo (parole, espressioni, velocità, intonazione). Provavo a interiorizzare ciò che ascoltavo e di metterlo in pratica.
Sono diventato un interprete professionista quando avevo 18 anni e interpreto da quasi 30 anni. La mia fluidità è quella di un madrelingua per quanto riguarda l’accento, l’intuizione e altre cose e il mio vocabolario, la mia padronanza della grammatica e la capacità di manipolare la lingua sono quelle di un oratore madrelingua istruito a causa della mia carriera e dei miei 30 anni di esperienza come interprete professionista.
Dico tutto questo solo perché è sicuramente possibile parlare un’altra lingua proprio come un madrelingua con la stessa facilità, conoscenza e intuizione di una persona che ha imparato la lingua da bambino. In effetti, insegno corsi di formazione per interpreti e per la maggior parte del tempo insegno spagnolo a madrelingua spagnoli. Fin da quando ero giovane passo come madrelingua in spagnolo, ma mi ci sono voluti decenni per colmare le lacune e sentirmi a mio agio in spagnolo come in inglese.
Conosco molte persone che hanno imparato l’inglese come seconda lingua (tra i 10 e i 14 anni) e parlano inglese così come qualsiasi altro madrelingua e in realtà parlano inglese meglio della loro lingua madre. So che la mia situazione è unica in quanto ero ossessionato dalla lingua, fatto molte cose che la maggior parte delle persone non fa e ho passato 30 anni a interpretare e ho dedicato la mia intera vita alle lingue. Faccio parte della categoria di aver imparato la lingua prima di finire la pubertà (ho iniziato a imparare a 10 anni) quindi avevo il livello di plasticità. Sono musicista e ho sentito dire che i musicisti hanno una maggiore facilità con le lingue. Parlo sei lingue, ma sarebbe difficile per me dedicare loro lo stesso immenso tempo che ho dedicato allo spagnolo. Ho vissuto la lingua e ho anche adottato l’identità e la cultura. Tuttavia, credo che le persone che imparano le lingue da adulti possano raggiungere un livello molto elevato di scioltezza se fanno molte delle cose che ho fatto io. È una questione di programmare la la mente/il cervello e di perseverare.
Sono principiante in italiano e sicuramente ha commesso molti errori in questo commento, ma volevo scriverlo per praticare il mio italiano.
Ciao Nicolas,
scusa l’enorme ritardo nella risposta, altri progetti mi hanno allontanato a lungo dal sito.
Quello che mostra l’apprendimento di una seconda lingua è che la “finestra temporale” per apprendere una seconda lingua comincia a chiudersi verso gli 8-10 anni, ma non si chiude immediatamente.
Quindi non soprende che chi comincia a 10 anni riesca a raggiungere un livello da madrelingua (14 è già un po’ tardi, ma dipende dalla lingua che si impara, quanto è simile alla lingua madre).
Direi però che già cominciare a quell’età richiede sforzi importanti ed è già molto al limite. Cominciare a 20 anni vuol dire non riuscire più a raggiungere quel livello di internalizzazione.
Grazie di aver condiviso la tua esperienza e complimentissimi per il tuo italiano, che è gia eccellente!
Salve, ho letto questo articolo e mi è sembrato interessante. Io posso dire di aver preso il C2 in inglese Trinity certificato, passato col minimo dei voti(pass, lettera C). Che dire? Nulla di più fuorviante. La gente si aspetta da me che abbia un livello madrelingua, mentre c’è abbastanza differenza tra me e un madrelingua sotto ogni area della lingua. Sono secondo me un C1 pieno si, conosco un bel po di vocabolario e sono fluente, ma da qua a dire di essere madrelingua ce ne passa. Anzi dirò di più: il certificato l’ho preso anno scorso che ero ben al di sotto del livello attuale in inglese, sarò stato un B2 pieno/C1 starter al massimo. Poi ho cominciato a messaggiare in inglese con questa mia amica(magica per i miei progressi), ha dimostrato(lei che non ha certificati ma che anzi si dice propensa a voler prendere il C1 nemmeno il C2 nonostante io cerchi di convincerla fortemente che se cel’ho fatta io, lei che è più forte è destinata a distruggerlo quell’esame Trinity C2 anche con lettera A cioè distinction) di farmi il culo nella lingua sotto ogni punto, vocabolario, fluidità, tutto. Allora io per provare a starle al passo ho iniziato a studiare a raffica, sono diventato più fluente ma soprattutto conosco molto più vocabolario. Non sono ancora al suo livello, ma ho ridotto notevolmente il gap e sono penso un C1 pieno ora. C1 pieno ci sono, ma di più la vedo dura, posso migliorare ancora e lavoro duro e sodo per ottenere risultati, ma al livello madrelingua come vogliono gli altri penso sia utopico. Cmq se il certificato l’ho preso in una situazione che mi vedeva essere un B2 pieno/C1 starter, ciò significa che è ingannevole e che non serve tutta sta grandezza per ottenere un certificato C2 in qualunque lingua. Sono strafelice di avere l’attestato in mano, ma sono umile da riconoscere che quel livello mi sta decisamente largo, anche ora che ho fatto grossi progressi in 6/8 mesi. Lei per me ha la potenzialità per diventare ”bilingue”, io no. Paragoni apparte, devo dire che la gente che da me si aspetta competenze da nativo inglese mi secca perchè non sono in grado di dimostrarle, anche se da una parte mi rende strafiero. Il certificato dura in eterno, non scade dopo 2 anni. Per ultima cosa voglio rassicurare le persone che non si sentono di fare il C2(in qualsiasi lingua) di togliere le emozioni negative e di fare l’esame perchè non serve un livello top per passarlo, non è difficile, devi solo fare una chiacchierata di 25/30 minuti e ti rilasciano un attestato superiore al vostro livello così da poter dire (anche senza essere bilingue) guardate, ho il C2 in tale lingua.
Cia Alessio, io non sono d’accordo con questo: “Essere madrelingua vuol dire aver acquisito profondamente una lingua nei primi 8-10 anni di vita.
In questo periodo dello sviluppo, la nostra mente possiede un livello di plasticità che poi si perde crescendo.”
O almeno non si applica nel mio caso.
Sono nata e vissuta fino ai 12 anni in un paese di lingua spagnola. Poi i miei genitori si sono trasferiti in Italia. Io parlo e scrivo meglio l’italiano che lo spagnolo. O forse sono un caso a parte?
Ciao Veronica,
nell’articolo ho descritto una versione semplificata della realtà, per questo non ti ritrovi nella descrizione.
Al momento quello che ci dice la ricerca è che verso gli 8-10 anni si comincia a chiudere la finestra temporale in cui sviluppare delle competenze da madrelingua.
Però ci sono due cose da dire:
1) non si chiude immediatamente, di botto, quindi ancora l’adolescenza resta un momento privilegiato per l’apprendimento linguistico, dove si può imparare ancora molto a livello abbastanza profondo.
2) quale lingua si impara e quale lingua si è imparata prima… gioca un grosso ruolo. Tu sei passata dallo spagnolo all’italiano, due lingue estremamente simili. Quindi il tuo cervello ha potuto riutilizzare le strutture profonde che avevi già assimilato da piccola.
Se tu a 12 anni ti fossi trasferita in Cina… credo avresti fatto molta più fatica a imparare il cinese e non so se sarebbe stato possibile sviluppare delle competenze da madrelingua. Questo perché il tuo cervello avrebbe dovuto ricominciare da zero, senza poter riutilizzare nulla.
Grazie della domanda e scusa di averci messo così tanto a rispondere, altri progetti mi hanno distratto da questo sito.